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Attraverso un'originale ricerca presso archivi pubblici e privati, il volume ricostruisce l'intervento del regime fascista in campo cinematografico, a partire dagli inizi degli anni Trenta, con l'avvento del cinema sonoro, fino alla sua caduta, delineandone le strategie e le evoluzioni nel corso degli anni, così come emergono dall'analisi della legislazione e delle direttive prese dal ministero della Cultura popolare. La seconda metà degli anni Trenta, in particolare, è caratterizzata da un proliferare di iniziative in campo cinematografico, alcune delle quali, come la costruzione di Cinecittà, di rilevante portata anche per i decenni successivi, testimoniano le intenzioni del regime di dare vita a una cinematografia fascista; intenzioni che però cambiarono nel tempo anche per le diverse visioni che dell'industria e del mezzo cinematografico avevano gli uomini del regime che si alternarono ai vertici ministeriali. Lo studio è incentrato esclusivamente sul cinema di finzione, preso in esame sia dal punto di vista economico e produttivo, sia come mezzo espressivo usato dal regime a scopo propagandistico in maniera incostante e con alterni risultati.